mercoledì 21 settembre 2011

Accidenti al traffico

8.45 di mattina, zona industriale di Padova: fine della corsa.Una lunga coda di macchine si dispiega davanti a me. Anche in immissione da destra. Anche a sinistra. Vale forse la pena spegnere il motore della mia Y, che intanto continua ad emettere emissioni nocive: CO2 , PM10, NO2, CO…

Come in un film, immagino di poter “congelare” questo istante e mi chiedo che cosa induca ciascuna di queste persone chiuse come me dentro la propria scatola di automobile a trovarsi proprio qui, adesso, alle 8:46 e 21 secondi, in Via Uruguay.
Provo a pensare a una serie di ragioni concomitanti:

- le agende personali: c’e’ chi sta andando in ufficio, chi porta il bimbo a scuola o va a fare la spesa, chi si appresta a uscire dalla citta’ per uno spostamento di lavoro;
- gli orari “sociali” della citta’: aperture e chiusure degli esercizi commerciali, delle scuole, degli uffici, delle strutture ricreative e sportive;
- i luoghi di abitazione, lavoro e attivita’ terze di coloro che si spostano, posizioni che determinano i loro tragitti;
- la conformazione della citta’, degli isolati, delle strade: tutti noi stiamo spostandoci da un’origine a una destinazione, utilizzando le strade a nostra disposizione. A loro volta queste strade risentono della conformazione della citta’: posizione, forma e contiguita’ di isolati, aziende, parchi, edifici;
- la disponibilita’ e la posizione dei parcheggi;
- la disponibilita’ e attrattivita’ di mezzi di trasporto alternativi: autobus, biciclette, treni, taxi, piedi;
- la possibilita’ di sostituire il viaggio con la comunicazione a distanza: via telefono e via Internet.

Nel frattempo, sono ancora in coda. Ciascun punto della mia lista mi fa venire in mente uno scenario desiderabile:

- se solo le agende personali fossero meno dense…
- se solo gli orari della citta’ non si sovrapponessero, consentendo a chi si sta spostando per lavoro di non finire in coda con chi si sta spostando per altre ragioni…
- se solo i viaggiatori e le loro mete si trovassero piu’ vicini tra loro…
- se solo potessimo sempre viaggiare su una linea retta, invece che a zig-zag…
- se solo potessimo sempre trovare parcheggio immediatamente al nostro arrivo, senza dovere girare mezzora per trovare un posto…
- se solo potessimo prendere sempre la bicicletta o il tram…
- se solo potessimo sempre rinunciare allo spostamento grazie a Internet o a una telefonata…

Poi alzo gli occhi e cerco di fare un censimento delle automobili che mi circondano e delle persone al loro interno. 1 sola persona a bordo, 1 sola persona a bordo, 2 persone a bordo, 1 sola persona a bordo, 1 SUV, 1 utilitaria, 1 macchina di cilindrata alta, 1 Diesel, 1 SUV. Se solo potessimo sempre circolare con automobili poco inquinanti e condividerne i posti con qualcun’altro…

Arrivo in ufficio e cerco di capire perche’ Padova mi da’ sempre l’impressione di essere colma di vetture circolanti (relativamente alla sua media dimensione) e cinta in una morsa di circonvallazioni, tangenziali e autostrade. Sembra che la citta’ sia cresciuta in modo non pianificato, senza prevedere ne’ prevenire l’impatto del proprio sviluppo sul traffico. Ritorno alla lista di scenari auspicabili, e considero qualche elemento di criticita’:

- in molti luoghi si sovrappongono flussi lavorativi, residenziali e commerciali. Emblematico il caso del centro commerciale Giotto, delle torri di uffici della Stanga, e del quartiere fieristico: posizionati tra il casello autostradale di Padova Est e il centro cittadino contribuiscono a tappare per tutti l’ingresso in citta’. L’Ikea invece e’ posizionata direttamente all’uscita del casello, cosi’ che i suoi flussi dall’esterno non vanno a pesare sul traffico urbano;

- lo sviluppo residenziale si e’ esercitato poco in altezza, attraverso grandi palazzi tipicamente disposti su graticolati a linee rette, e molto rasoterra, attraverso villette mono-residenziali spesso non allineate tra loro. Tale sviluppo ha portato la citta’ ad espandersi a macchia d’olio a discapito della campagna circostante, con l’incremento delle distanze da percorrere e con piu’ lunghi percorsi a S per circumnavigare gli isolati e i loro interstizi di verde;

- esistono pochi parcheggi sotterranei o in altezza, con la conseguenza che le automobili dei pendolari e dei visitatori si trovano a competere con le automobili dei residenti per i pochi posti a bordo strada, contribuendo ad esasperare il traffico urbano;

- i mezzi di trasporto alternativi sono scarsi. Non esiste metropolitana sotterranea ne’ di superficie, una soluzione ideale perche’ su linea retta e senza interferenza sul resto del traffico. Relativamente al numero di auto in circolazione, gli autobus sono decisamente pochi e poco frequenti, e quindi ulteriormente penalizzati dagli utenti. Esiste una solo linea di tram. A dispetto di molte piste ciclabili, i ciclisti sono sopraffatti e penalizzati dal traffico veicolare.

Altri fattori sembrano contribuire a complicare ulteriormente la situazione: rispetto ai paesi del Nord Europa, in Italia stenta a prendere piede la flessibilita’ nella presenza lavorativa, intesa sia come lavoro da casa (per esempio durante 1 o 2 dei 5 giorni feriali) sia come flessibilita’ oraria di ingresso/uscita dal posto di lavoro. Di conseguenza, i due picchi giornalieri di traffico di “rush hour” perdono un’occasione per sgonfiarsi. Oltretutto, il tessuto produttivo locale si basa ancora per la maggior parte sulla produzione di beni e prodotti fisici, che a differenza dei nuovi prodotti a contenuto digitale necessitano di essere trasportati fisicamente. L’Interporto di Padova, uno dei piu’ grandi d’Italia e attrattore di centinaia di camion ogni giorno, e’ un buon affare per l’economia della citta’, ma un cattivo affare per l’ambiente.

Sembra quindi che il traffico urbano sia la punta dell’iceberg di questioni urbanistiche e sociali, un sintomo di fattori concomitanti piuttosto che un problema a se’ stante. Per questo motivo, gli interventi diretti sulle infrastrutture – costruzione e allargamento di strade – andrebbero considerate soluzioni “di ultima spiaggia”. Oltretutto che, se si cementeranno aree verdi, si sottrarra’ alla citta’ parte della sua capacita’ di assorbire lo stesso inquinamento da traffico. Meglio puntare a una piu’ intelligente regolamentazione della circolazione e a una piu’ accurata e pervasiva informazione ai viaggiatori, preventiva e in tempo reale. Su queste leve si battono eserciti di ingegneri e ricercatori di tutto il mondo, ma i loro modelli predittivi e di ottimizzazione devono comunque fare i conti con i vincoli urbanistici e sociali di cui si e’ discusso prima. I “trasportisti” operano in un settore ricco di finanziamenti e di grande attenzione pubblica; altrettanto dovrebbe succedere agli urbanisti, posto che una pianificazione urbana intelligente puo’ scontrarsi con gli interessi individualisti di costruttori, immobiliaristi, commercianti nonche’ singole comunita’ e abitanti. E non dimentichiamoci di quello che si puo’ fare quanto a cultura ed educazione alla mobilita’, punto di partenza per il miglioramento di abitudini individuali poco efficienti o troppo comode.

In definitiva, sembra che il traffico possa fungere da specchio della citta’ e della societa’ che lo produce: pianificato piuttosto che anarchico; concentrato in alcune fasce orarie piuttosto che distribuito; ricco di mezzi pubblici piuttosto che nel mezzi privati di grossa cilindrata. Per alcuni rimane un indicatore fedele dell’andamento delle attivita’ econonomiche: piu’ una citta’ e’ trafficata, piu’ e’ vitale, piu’ genera ricchezza. Per altri rimane un caposaldo della propria liberta’ individuale: non sia mai che mi venga impedito di muovermi, come e dove voglio. Certo, in coda, nessuno affermerebbe di sentirsi molto libero. Neanche in ospedale, vittima di malattie e cancri delle vie respiratori, di incidenti e di stress.
9.01: sono arrivato a destinazione. Parcheggio la macchina e penso agli olandesi, in bicicletta, sotto la pioggia.

giovedì 1 settembre 2011

Tributo alla Grecia

I motori si fanno roboanti, l’acqua del mare gorgoglia impetuosa in coda alla nave, un goffo testacoda ci proietta faccia a faccia con la terraferma. Di fronte a noi, il porto di Igoumenitsa.

Le vetture cominciano lo sbarco, mentre dal ponte i passeggeri contemplano la Grecia: montagne aspre e scoscese rivestite di macchia bassa e compatta, nuvole scure e minacciose, mare blu e spesso, scogli precipitati in mare; trambusto cittadino, truck scoperchiati, case non finite cinte da enormi terrazze, polvere, selva di cartelli pubblicitari pieni di fotografie e alfabeto greco, senso di Middle-East. Uno scenario paesaggistico drammatico, un biglietto da visita spettacolare per i viaggiatori che si sono lasciati alle spalle le lunghe e timide colline di Ancona, con la sua armonia equilibrata di luci e colori.

Noi rimaniamo a bordo, proseguiamo in direzione sud, dove ci attendono i coni “vulcanici” del golfo di Patrasso congiunti dal monumentale arco di Rion-Antiron, miracolo della tecnologia e ponte strallato piu’ lungo al mondo. Sbarchiamo. La luce abbacinante del Peloponneso e l’autostrada E55, in cui le macchine gareggiano e ti costringono in una spuria corsia di emergenza, ci ricordano cosa possa significare scendere sette gradi di latitudine nella pancia del Mediterraneo.

Poi, con nostro sommo piacere, ci si apre davanti la baia di Navarino: incorniciata da un uniforme declivio collinare popolato da infinite distese di ulivi, cinta da montagne coniche in entrata e in uscita, disegna un semicerchio perfetto di golfo e spiaggia, lasciandosi alle spalle una laguna, e separandosi dalla macchia blu del mare aperto attraverso una lingua di terra collinosa a forma di S rovesciata, l’isola di Sfaktiria. Sullo sfondo verde, una gemma bianca, in evidenza sia di giorno che di notte: il paesino di Pilos. Il panorama rasenta perfezione e completezza. Sembra di entrare in una cartolina.

La nostra vacanza si dispiega in modo regolare e prevedibile. Ci lasciamo sorprendere dagli “occhi di Venezia”, due fortificazioni protese nel bacino sud-est del mediterraneo che i veneziani utilizzavano come stopover nel loro tragitto verso la terra santa. Indulgiamo nei giardini del monastero di Koroni, celebrazione del Mediterraneo: completo della totalita’ delle sue piante e dei suoi frutti, magnifica l’olfatto e la vista di qualsiasi visitatore. Dalle sue sommita’ si dispiega la veduta del Mani, la penisola attraverso cui la catena del Tagete precipita in mare: a tratti tanto gialla, aspra e spoglia che sembra caduta dalla luna.

Il resto, e’ vita di mare. In spiagge piu’ o meno recondite, o in pittoreschi paesini di pescatori in cui si respira la famosa “atmosfera” della Grecia. Mi chiedo di che cosa questa si componga, andando a isolarne alcuni elementi, nel punto di congiunzione tra architettura urbana e architettura del paesaggio. Si tratta di un contesto fisico particolarmente conduttivo al benessere e alla convivialita’, compendiato qui in Messenia dalla gentilezza e deferenza dimostrata dalla maggior parte degli abitanti del luogo e dei visitatori. Anzitutto, la rilevanza del verde e degli elementi naturali all’interno degli spazi costruiti: le coperture di verde che sovrastano gli spazi aperti delle taverne o addirittura alcune piazzette o fette di spiaggia si avvicinano a opere d’arte. Vite, palma, alberi da fiore e da frutto, o addirittura enormi platani avviluppati tra loro, regalano piacere alla vista e all’olfatto, oltre che un surplus di ombreggiamento e ossigenazione.

La ricerca del connubio con la natura non si limita al verde: sorprende notare quanti ristoranti posizionino i propri tavolini in plateatici talmente a ridosso del mare, che ci si augura che non venga mai a cedere nessuna sedia. Chi cena sul mare, cosi’ come chi sorseggia un drink nei piani alti aperti o finestrati dei locali, godra’ di un’altra cosa alla quale i greci sembrano fare molta attenzione: il panorama sul paesaggio, sia esso quello naturale o quello “umano” della via sottostante. Il tutto accompagnato da un fresco tzaziki, da un bicchiere d’acqua che viene servito gratuitamente non appena ci si siede, nonche’ dalle melodie avvolgenti della musica greca, di gran lunga ancora la piu’ popolare e carica di esotiche sonorita’ medio-orientali. Questa propensione naturale verso il “chill-out”, il meritato rilassamento, trova la sua apoteosi nei beach bar, stilosi locali su spiagge altrettanto meravigliose: nonostante la ricercatezza “milanese”, un obrellone e uno sdraio sono alla portata di tutti. Gli ospiti europei parlano inglese, navigano con il Wi-Fi, si compiacciono di fare quelli avanti anche nella remotezza del Peloponneso. Buona parte di loro sviluppera’ forme piu’ o meno gravi di saudade verso la Grecia, ma vi faranno ritorno molto presto…

Torno a casa e scopro che nei giornali la G di Grecia sta per terza lettera di “PIGS”, acronimo che paragona Portugal-Italy-Greece-Spain (paesi europei accumunati dalla crisi del debito pubblico) a un branco di maiali. Poi accendo la televisione e osservo le rivolte di Atene: volti bardati, rabbia collettiva, distruzione, fuoco. Il trattamento riservato dai media a questo paese mi sembra non fare giustizia di tanta bellezza vissuta. Certo, i nodi vengono al pettine per la Grecia: cosi’ come il mondo globalizzato concede ai paesi sovrani di vivere al di sopra dei propri mezzi, allo stesso modo prima o poi arriva a chiedere il conto. E ci si dovra’ abituare a standard di vita piu’ bassi. Voglio dire, le cose possono andare molto peggio: apro Google Earth e misuro 438 km tra Pilos e le coste della Libia, meno di quanti dividano Milano da Roma ed esattamente quanti separano New York da Washington DC. Mentre noi stavamo sorseggiando un freddo cappuccino deliziati dalla lounge music, 438 km piu’ a sud si stavano sparando dietro.

Certo, un tributo alla Grecia non si puo’ concludere con una nota cosi’ triste. Meglio portarsi dietro la memoria di tutta la magia di questo paese a cavallo tra l’Europa e il Medio Oriente. E continuare ad apprezzare la bellezza e la positivita’ di cui tutti i paesi del mondo sono colmi, Libia compresa, nonostante i mono-temi che ci propongono i media e le difficolta’ del momento.
Straccio i giornali di fronte a me e mi crogiolo nei ricordi.