
I progetti vincitori verranno esposti alla Incheon Global Fair 2009, il cui scopo e’ quello di presentare la nuova Incheon al mondo e attrarre le multinazionali e i professionisti stranieri che dovrebbero insediarsi in questo lembo di terra sottratto al mare. Un asso nella manica per la nuova Songdo sara’ l’essere “Free Economic Zone”, con seducenti agevolazioni a livello di tassazione per le aziende che decideranno di emigrare qui. La citta’ inventata dagli studenti dovra’ rispettare tre criteri: essere una “U-City”, una “Eco-City” e una “Community-City”, ovvero incorporare le ultime tecnologie e tecniche in ambito di sensoristica, comunicazione e sostenibilita’ ambientale, nonche’ promuovere l’interazione sociale tra gli abitanti.
I tre giorni trascorsi tra Seoul e Incheon mi hanno dato un’idea della vastita’ della sfida: seconda solo a Tokio per numero di abitanti (24 milioni) questa megalopoli e’ apparsa al mio sguardo neofita quanto di piu' anonimo e ambientalmente insostenibile potessi immaginarmi. Quello che in Cina sta succedendo in questi ultimi anni e’ successo in buona parte a Seoul nei decenni precenti: la riallocazione di massa della popolazione urbana e rurale dalle abitazioni tradizionali a un piano a migliaia di torri di 20-30 piani, bianche e numerate. Tra i grattacieli della downtown si fanno strada viali a 12 corsie, intasati giorno e notte. Solo le pittoresche colline circostanti salvano Seoul dal soffocamento, fatta eccezione per quando soffia il vento da Ovest carico dello smog di Pechino e Tianjin che oscura il cielo del mar Giallo fino a qui.
In un’ansiosa rincorsa verso l’affermazione internazione (che qualcuno non esita a definire “rat race” o “corsa dei topi”), la Corea del Sud compete con con i fratelli maggiori della Cina e del Giappone per diventare piu’ moderna, piu’ tecnologica, piu’ cosmopolita, piu’ all’altezza dell’ occidente. Le autorita’ locali hanno svenduto il paese al capitale straniero e ai costruttori, cosi’ che ora si parla di passaggio dall’object-based al community-based architecture, dall’architettura e urbanistica centrata sull’oggetto (la torre e il grattacielo) a quella centrata sulla comunita’.
In assenza di pianificazione, si da’ il via libera a costruire anche a pochi passi da un aeroporto militare e divampa la polemica sui giornali rispetto alla probabilita’ di uno schianto degli aerei sulla torre.
Fatta eccezione per i grattacieli sperimentali in vetro, ai miei occhi Seoul non puo’ che sembrare un "mostro". Fino a quanto, l’ultimo pomeriggio, non riesco a visitare il quartiere di Jongno-gu, stretto tra due imponenti palazzi reali: raffinate abitazioni tradizionali si alternano a locali, musei e boutique il cui design degli interni mi lascia di stucco. Mai visto nulla di cosi’ bello, nemmeno a Milano e New York. Mi tolgo le scarpe, entro per un te' in un ristorante coreano in cui siedo su cuscini per terra. Distendo le gambe e mi godo l’infinita raffinatezza e gentilezza del luogo, delle persone, delle scritte in alfabeto coreano e cinese. Tutta la bellezza di Seoul sembra confinata qui, quasi a fare contraltare al mondo che comincia a sud di Yulgokro Street.
bello Filippo! Hai fatto cogliere a noi che non ci siamo stati tutta la contraddizione nascosta nello sviluppo forsennato dei paesi orientali.
RispondiEliminaRosa